BRINDISI: GREENPEACE E LA RAINBOW WARRIOR CONTRO IL CARBONE "NON E' UN PAESE PER FOSSILI"


Attracca nel porto di Brindisi la Rainbow Warrior, imbarcazione simbolo di Greenpeace, organizzazione ambientalista e pacifista fondata a Vancouver nel 1971.
A dare il benvenuto ai giornalisti e rappresentanti dei comitati presenti a bordo dell'imbarcazione è il capitano, Joel Stewart, in occasione della conferenza stampa brindisina della campagna di Greenpeace “Non è un Paese per fossili”.
La nave  è la terza Rainbow Warrior della storia. La prima era stata affondata il 10 luglio 1985 ad Auckland (Australia), subito dopo l'operazione “Exodus” che prevedeva l'evacuazione degli abitanti dell'isola di Rongelap (Oceano Pacifico), colpita dalle radiazioni dei test nucleari condotti dagli americani tra il 1948 e il 1956, dove tra i suoi abitanti si registrava un'incidenza altissima di cancro alla tiroide, di leucemia e di malformazioni fetali.


La nave fu affondata da due bombe che uccisero Fernando Pereira, fotografo di Greenpeace. 
I sospetti del chiaro sabotaggio ricaddero immediatamente sui servizi segreti francesi, testimoniando il crescente impatto che il movimento ambientalista stava assumendo a livello internazionale.
Dopo questo tragico evento fu varata nel 1987 la Rainbow Warrior II, che ha solcato i mari di tutto il Mondo, navigando contro la caccia alle balene, il riscaldamento globale e molti altri crimini contro l'ambiente, per essere donata, dopo 22 anni di navigazione a Friendship, ONG asiatica, che la utilizza come nave ospedale per prestare cure mediche ad alcune comunità del Bangladesh.

La nave ormeggiata nel porto di Brindisi è la Rainbow Warrior III, battente bandiera olandese, varata il 10 luglio 2010.
Inutile sottolineare il valore simbolico della nave dei “guerrieri dell'arcobaleno” che ha attraversato gli anni della presa di coscienza mondiale nei confronti delle tematiche ambientali legate all'insensato sfruttamento delle risorse naturali di tutto il mondo.

Dopo il benvenuto sulla nave da parte del Capitano, è Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace, a contestualizzare la presenza della nave nel porto pugliese, spiegando la dinamica che porta l'inquinamento atmosferico originato dalle emissioni delle fonti energetiche fossili, a contribuire al riscaldamento globale e alla conseguente intensificazione ed estremizzazione dei fenomeni atmosferici.

La campagna di Greenpeace, “Non è un Paese per fossili”, - continua il direttore esecutivo di Greenpeace- oltre che mirare a dialogare con le comunità che sono colpite dall'inquinamento prodotto dalle fonti energetiche non rinnovabili, vuole combattere contro le trivellazioni petrolifere che si perpetrano nell'Adriatico.

“Estraendo tutto il petrolio presente nel nostro mare -spiega Onufrio- si coprirebbe il fabbisogno del nostro Paese per soli due mesi.”

Il gioco sembra non valere la candela, tanto che un possibile incidente in uno di questi impianti, comporterebbe danni enormi agli ecosistemi e agli ambienti marini in questione.
Proprio la mattina precedente all'attracco nel porto di Brindisi, il vascello di Greenpeace, di passaggio di fronte alle coste abruzzesi di Vasto, aveva violato la “zona rossa” della Rospo Mare B, a 11 miglia dalla costa, la più grande delle tre piattaforme che in quella zona estraggono un terzo di tutto il petrolio prodotto offshore in Italia per conto di Eni ed Edison.

L'atto dimostrativo è stato condotto calando in acqua un gommone ed esponendo un light banner sul quale compariva la scritta “No alle trivellazioni” e “Meglio l'oro blu che l'oro nero”.
Il Capitano della Rainbow Warrior Joel Stewart
Durante l'azione la nave è stata contattata dalla MED 9, nave preposta alla sicurezza dell'impianto inscenando la seguente comunicazione radio:

MED 9: “Rainbow Warrior siete in una zona pericolosa”,

Cap Joel Stewart:
 “ Sono d'accordo. Siamo in una zona molto pericolosa. Soprattutto per l'ambiente.
E' una protesta contro le trivellazioni in mare che sono un'attività estremamente pericolosa. Non vogliamo continuare a vedere il mare Adriatico inquinato dal petrolio e non vogliamo vedere il clima distrutto dalle aziende che continuano a bruciare combustibili fossili. Stiamo parlando a nome di milioni di persone che si oppongono alla vostra azienda che distrugge il clima e mette a rischio la vita delle generazioni future.
Stiamo facendo una protesta pacifica, non dovete preoccuparvi per la vostra sicurezza, ma dovete preoccuparvi per la sicurezza del clima messa a rischio dal continuare le esplorazioni petrolifere”

Le parole di Giuseppe Onufrio, pronunciate durante la conferenza stampa tenuta dall'organizzazione ambientalista, assumono cosi' contorni chiaramente definiti:

“Crediamo che in Italia sia assurdo continuare a puntare sulle fonti fossili, prevedendo come fa il governo Renzi, di estrarre fino all'ultima goccia di petrolio, quando non c'è un piano, come in altri Paesi, per avere entro una certa data il sistema energetico completamente basato sulle fonti rinnovabili.
Sembra assurdo che sia più facile avere i permessi per perforare il mare alla ricerca di petrolio e che invece, come succede anche in Puglia, si blocchino progetti di eolico a mare che come è noto consentono di continuare a svolgere le attività produttive.”

Ma l'impegno che Greenpeace profonde a livello globale per la difesa dell'ambiente si declina anche su temi strettamente legati alle tematiche che ogni singolo territorio si trova ad affrontare.

“A Brindisi si trovano da anni due centrali a carbone.” -si legge nel comunicato stampa diffuso da Greenpeace- “ La più grande, quella dell'Enel (la Federico II di Cerano n.d.r.), è già stata classificata da uno studio dell'Agenzia Europea per l'Ambiente, come l'impianto industriale più inquinate d'Italia e tra i 20 più inquinanti in Europa, con impatti esterni stimati tra 550 e i 700 milioni di euro l'anno; nel 2013 è stata il nono impianto in Europa (e il primo in Italia) per emissioni di CO2. Il management della centrale è attualmente sotto processo per reati ambientali, su 400 ettari di terreno intorno all'impianto è vietata la coltivazione.

A Brindisi c'è anche una centrale di proprietà Edipower, ferma dallo scorso dicembre e in crisi da anni. L'azienda ha presentato un progetto per riprendere la produzione, bruciando circa 550 mila tonnellate di carbone l'anno e alimentando l'impianto, per il 10 per cento, con rifiuti. Sulla centrale Enel è riaperta la procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale, mentre il progetto Edipower è sul tavolo delle istituzioni”

A partire da queste riflessioni Andrea Boraschi, responsabile della campagna energia e clima,
sottolinea come il dato che vede i danni per il territorio ammontare da 550 a 700 milioni l'anno sia da considerare in termini di occupazione persa sul territorio per settori come l'agricoltura e il turismo, oltre che per la maggior parte danni sanitari: è di 500 il numero di morti premature sul territorio brindisino direttamente legate all'inquinamento prodotto dalla combustione di fonti di energia fossili, a fronte del 12-13% dell'energia prodotta dalla centrale di Cerano sul totale nazionale, secondo uno studio prodotto da Greenpeace seguendo una metodologia già utilizzata in precedenza dall'Agenzia Europea per l'Ambiente.

Tornando sulla transizione necessaria nella produzione energetica verso le rinnovabili, Boraschi spiega che i presunti danni prodotti dal fotovoltaico sul territorio sono incoparabilmente minori. Insomma agli occhi dell'associazione ambientalista sembra insensato ostacolare lo sviluppo del fotovoltaico e dell'eolico offshore, di fronte alla catastrofe sanitaria e ambientale prodotta nel tempo dalle due centrali a carbone.
Continuando nel suo intervento il responsabile della campagna energia e clima porta in evidenza come i dati presentati siano rappresentativi solo delle emissioni prodotte dalla ciminiera della centrale e non considerino le polveri sprigionate dai cumuli di carbone e quelle provenienti dal lungo nastro trasportatore.

Appare quindi una situazione insostenibile per tutto il territorio, come dice anche l'unico esponente delle istituzioni politiche presenti durante la conferenza stampa, Riccardo Rossi, capogruppo di “Brindisi Bene Comune” che denuncia i legami criminali delle lobby del carbone brindisine, per poi concentrarsi sul tipo di emissioni prodotte ogni anno dall'impianto industriale:

“12.200.000 tonnellate di CO2, 7610 tonnellate di anidride solforosa, 7060 tonnellate di ossido di azoto, 156 tonnellate di PM10, 2.200 tonnellate di monossido di carbonio, 3.28 tonnellate di benzene, 125 kg di nichel, 53.2kg di mercurio, 156kg di cromo, 27.1kg di cadmio”.

Snocciolando uno dopo l'altro questi dati puramente indicativi dell'enorme mole di sostanze pesanti rilasciate nell'aria, il rappresentante di “Brindisi Bene Comune” indica, senza nascondere il suo disappunto, come tutti questi valori siano all'interno dei termini stabili dalla legge, e siano inoltre rilevati su base annua e perciò necessitino di essere moltiplicati per tutti gli anni di funzionamento dell'impianto.

Giungendo verso un'analisi di carattere sanitario della situazione di inquinamento il suo intervento denuncia il rifiuto espresso da parte del sindaco della città di finanziare un'indagine epidemiologica. Si mostra estremamente indignato quando poi indica come gli utili dell'azienda produttrice di energia siano in quantità identica ai danni economici perpetrati al territorio.

Proprio per chiarire la situazione sanitaria è presente durante la conferenza stampa Maurizio Portaluri, primario di Radioterapia dell'ospedale Perrino di Brindisi, impegnato in studi sull'impatto industriale in termini di salute sul territorio:

“Intorno alle centrali a carbone ci sono tumori in eccesso soprattutto ai polmoni, alla vescica e alla laringe, a distanza di molti anni dall'inizio dell'attività produttiva, mentre ci sono effetti a breve termine come l'aumento dei ricoveri per malattie respiratorie e cardiache, le malformazioni neonatali, che sono dovute alla respirazione degli inquinanti soprattutto nelle popolazioni più vicine alle centrali.

Nell'ottobre 2013 l'Agenzia Internazionale per il Cancro ha stabilito che l'inquinamento atmosferico e il particolato atmosferico sono dei cancerogeni certi per l'uomo. Studi condotti sul tumore al polmone in relazione al particolato fine, che si chiama PM 2.5, hanno dimostrato che per un incremento di un microgrammo al metrocubo si ha un aumento dell'1% dei tumori al polmone, per cui riducendo a Brindisi di 4 microgrammi al metrocubo i PM 2.5 possiamo ridurre di tre casi all'anno l'incidenza di tumori al polmone.”

Le parole di Portaluri assumono contorni foschi quando si consideri che le patologie rilevate sul territorio in relazione all'inquinamento atmosferico rispondono a quantitativi di inquinanti all'interno delle soglie stabilite dalla legge.
Il primario del Perrino porta come esempio uno studio condotto in North Carolina, dove è stato dimostrato come la chiusura di 19 impianti di produzione elettrica a carbone abbia determinato una riduzione drastica dei ricoveri per malattie respiratorie.

Presenti al dibattito anche un folto gruppo di esponenti del comitato “No al Carbone” che rappresentati da Daniele Pomes, hanno sottolineato come 12 dirigenti Enel siano attualmente sotto processo per reati ambientali.
Il movimento brindisino ha voluto porre l'accento sul danno economico inflitto al territorio, che conta sessanta aziende agricole impossibilitate a lavorare, oltre a quello sociale, per il quale la zona al sud di Brindisi, dove incide maggiormente la centrale di Cerano, sta vivendo un forte disagio che ha come conseguenza una grande emigrazione giovanile.

A più riprese è stata notata l'assenza dei rappresentati politici sia della città che della regione, segno di un disinteresse preoccupante che dimostra come la classe politica sia rimasta legata a sistemi di valori ormai superati e non riesca a stare al passo con una cultura che cambia, per la quale le tematiche ambientali e la tutela della salute rappresentano uno dei primi punti se non il primo da affrontare nella gestione della “cosa pubblica”. A dimostrare che questa particolarità sia una caratteristica "nostrana", il fatto che l'arrivo della Rainbow Warrior in Slovenia è stato salutato dal Presidente del Paese slavo.

I dati presentati all'ombra delle vele della Rainbow Warrior fanno tremare la terra sotto i piedi se si pensa che a pochi chilometri dalla città di Brindisi vive un altro mostro ambientale, l'Ilva. 
Taranto e Brindisi sono cosi' legate indissolubilmente dalla lotta per trovare una via d'uscita rispetto ad un'economia e una cultura votate a vivere di espedienti, incapaci di pensarsi nel futuro e incapaci di pensare alle conseguenze delle loro azioni sulle generazioni future.

E sono state proprio le lacrime versate dai componenti del comitato “No al carbone” per il piccolo Lorenzo morto a Taranto all'età di cinque anni per un tumore al cervello che gli era stato diagnosticato a soli tre mesi dalla nascita, a chiarire il bivio a cui il nostro territorio è giunto come le parole del padre di Lorenzo, prima della sua morte:

“Certo, nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell’Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all’Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. E tutti sappiamo che da quei camini non esce acqua di colonia, ma gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come quello di mio figlio. Lorenzo ha un tumore al cervello dalla nascita e ha perso la vista. Io spero che continui a vivere e sono qui perché condivido la protesta della gente. Voglio però anche dire che i bambini della città devono poter vivere serenamente e in salute: bisogna fermare questo massacro».

Paolo Summa

Fonti:
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/lecce/notizie/cronaca/2014/31-luglio-2014/ilva-bimbo-5-anni-muore-tumoreil-padre-annuncia-facebook-223662999372.shtml

http://www.bresciaoggi.it/stories/natura
/815527_greenpeace_a_brindisi_il_medico_diminuendo_le_emissioni_ridurremmo_anche_numero_tumori/?refresh_ce#scroll=546



http://www.bresciaoggi.it/stories/natura/815527_greenpeace_a_brindisi_il_medico_diminuendo_le_emissioni_ridurremmo_anche_numero_tumori/?refresh_ce#scroll=546

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